Come sopravvivere, da sola, senza un compagno o dei figli, alla morte suicida di tutti i suoi grandi amori? Non ci riuscì e, a vent'anni dal primo tentativo, si tolse la vita anche lei.
Yolanda Gigliotti fu la prima donna a ricevere un disco di platino, con oltre 10 milioni di copie vendute, nel 1964. Fu miss, attrice e cantante molto amata dal pubblico francese e mondiale, che la conosceva come Dalida.
Nacque in Egitto da genitori calabresi e forte della sua bellezza, non sminuita da un leggero strabismo causato da una malattia agli occhi, poco più che ventenne lo lasciò per trasferirsi a Parigi, dove iniziò una folgorante carriera, costellata di successi.
La sua arte e passione furono ammirate e accolte dal pubblico con calore e attaccamento, ma questo non la salvò dalla solitudine. Tutti i suoi amori l'abbandonarono, suicida Lucien, suo marito, e suicida, in una calda notte d'estate del 1983, a Saint Tropez, il conte di Saint Germain, Richard Chanfray. Ma il più crudele fu Luigi, nel biglietto che lasciò sul tavolo della stanza dell'Hotel Savoy non fece cenno a lei, non la salutò, nonostante avessero da poco brindato al loro futuro matrimonio. Luigi Tenco si tolse la vita con un colpo di pistola alla tempia nel 1967, appena dopo l'esclusione dalla finale di Sanremo, al quale si erano presentati insieme con la canzone Ciao amore ciao.
Fu Dalida che, entrando nella stanza d'albergo, lo trovò riverso a terra. La cantante, chiese di bloccare il Festival, ma fu invitata a lasciare la città dei fiori dagli organizzatori. Il filmato della loro partecipazione al Festival scomparì dagli archivi RAI.
Scioccata dal suicidio di Luigi tentò anche lei di imitarlo, ingerendo un cocktail improbabile di farmaci, nella camera 410 dell'hotel Principe di Galles. L'aveva prenotata col suo vero nome e ci si era fatta accompagnare dopo aver depistato il suo staff, fingendo di recarsi all'areoporto. Una cameriera però si accorse di qualcosa di strano e diede l'allarme. Dalida si salvò.
Non fu così venti anni dopo, il 2 maggio del 1987. Questa volta, Dalida organizzò tutto minuziosamente e scelse come teatro della sua morte la sua amata villa a Montmartre, una palazzina liberty in cima alla collina, di cui si era innamorata fin dalla prima volta che l'aveva vista. In quella primavera dell' '87 quella casa le appariva troppo piena di luce, dall'alba al tramonto. Davanti a se vedeva solo solitudine e gli anni vissuti senza marito nè figli le pesavano. Da quattro mesi non faceva più concerti. Sapeva che la gente l'amava ma si chiedeva "cos'è la vita senza amore?", "perchè curarsi se nessuno ti aspetta?", "perchè profumarsi e mettersi addosso le camicie da notte e le vestaglie più preziose se il tuo letto è vuoto?".
Morì così, nella calma e nell'eleganza, con un tubetto di barbiturici in una mano e una bottiglia di whisky nell'altra, a 54 anni.
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