venerdì 17 dicembre 2010

Ma possibile che l’Italia si blocchi per la neve? Da quanti anni nevica nella nostra bellissima penisola e da quanti anni strade, autostrade, ferrovie non permettono agli italiani, lavoratori, pendolari, studenti, turisti, di spostarsi agevolmente o quanto meno di ricevere un servizio di informazione adeguato? Come è possibile che, dopo le precise e allarmanti previsioni degli scienziati metereologi, non si sia capaci di evitare che le vie circolatorie si blocchino? So che sono domande senza risposta, ma non è accettabile che nessuno abbia la possibilità di ricevere un servizio utile dalle mega strutture pubbliche e private per poter almeno far stare tranquilli i propri familiari.

Nei giorni scorsi tutti i tg hanno raccontato di come l’Italia fosse nella morsa del gelo e del maltempo. Eppure i treni sono in ritardo, oppure addirittura non transitano a causa dei binari gelati, mentre il call center consiglia caldamente (!) di non rimanere in linea per evitare il protrarsi del tempo di attesa. Se solo si riuscisse a sapere quali linee ferroviarie sono libere e se, prima o poi, provvederanno a dare un minimo di assistenza ai poveri passeggeri del venerdì rendendo l’attesa al gelo meno angusta.

Ma tanto, come per tutte le cose italiane, la neve si scioglierà, il sole tornerà e sarà come se non fosse successo nulla.

Dove l’ho già sentita questa storia …

giovedì 18 novembre 2010

Cibo e Vino


Giovedì 18 novembre, l’Associazione Italiana Sommelier delegazione di Siena organizzerà una cena didattica presso il Ristorante “Casa Mia”, Loc.Malafrasca, Siena, a ripresa delle attività sociali autunnali.

Alla proposta della grande cucina del proprietario del ristorante, Ettore Silvestri, socio AIS e Sommelier professionista dal 1976, saranno abbinati i vini dell’Azienda Castello d’Albola che accompagneranno, dall’antipasto al dolce, ognuna delle portate previste.

I vini saranno presentati dal Direttore dell’Azienda, Dr. Alessandro Gallo, che potrà soddisfare le curiosità e le richieste di approfondimento sui prodotti aziendali che dovessero sorgere da parte degli intervenuti.

Il servizio sarà garantito dai Sommelier della Delegazione di Siena coordinati da Francesco Vessio.

mercoledì 17 novembre 2010

Anterpima Novello Toscano 2010

"Insieme al preside dell'Istituto Agrario, prof. Marcello Laschi (terzo da sinistra), i rappresentanti AIS che hanno contribuito alla riuscita dell'iniziativa: da sinistra Francesca Elia, Francesco Palassini, Beatrice Bartolommei, Francesco Giardini e Leonardo Bartolomme (delegato AIS della sede di Siena)"
Venerdì 5 novembre si è svolta a Siena la manifestazione: “Anteprima Novello Toscano 2010”, organizzata dall’Associazione Italiana Sommelier delegazione di Siena rappresentata dal suo delegato Leonardo Bartolommei, e dall’Istituto Tecnico Agrario Statale “Bettino Ricasoli” di Siena rappresentato dal Prof. Domenico Cerchiara. Scopo dell’evento era quello di presentare il vino Novello 2010 nella serata antecedente la sua introduzione legale al consumo, il 6 novembre. Sulle colline di Scacciapensieri, nella bella cornice di Villa della Selva, l’Istituto Agrario, specializzato in viticultura ed enologia, ha aperto le sue porte ai “Novelli“ 2010 offerti dalle aziende toscane che hanno aderito all’iniziativa, accompagnando la serata ai prodotti tipici locali, messi a disposizione dagli sponsor ufficiali della serata Banca del Chianti Fiorentino e Monteriggioni e le Pasticcerie Sinatti.

La manifestazione è come da tradizione promossa dall’AIS senese per presentare il particolare vino ottenuto con il sistema della macerazione carbonica: di colore brillante e vivace, dai profumi freschi e fruttati è pronto per essere gustato subito dopo il suo imbottigliamento. Il Gruppo di Servizio AIS Siena, sapientemente guidato da Francesco Vessio, si è occupato della predisposizione della struttura all’evento, coinvolgendo e guidando gli allievi dell’ultimo anno del corso di viticoltura ed enologia nella “degustazione”, rendendoli edotti a guidare il pubblico presente alla degustazione dei vini, invitando la città ad apprezzare le varietà dei profumi e delle sensazioni che il vino novello è in grado di regalare nelle sue più diverse sfaccettature.

Tre i punti di degustazione allestiti per i vari prodotti. Appena varcato il cancello e superato il Cedro del Libano, si entrava nella prima sala adibita alla degustazione del Novello 2010, mentre al pian terreno della villa era possibile accompagnare la degustazione con prodotti tipici locali: pecorini stagionati, finocchiona e capocollo oltre ai dolci artigianali senesi (panpepato, ricciarelli e pan co’ santi) forniti dalle Pasticcerie Sinatti. Nel cortile antistante l’edificio, infine, il personale non docente ha preparato le caldarroste, il cui tepore ha scaldato i convenuti alla manifestazione quando la temperatura ha iniziato a farsi più rigida.

L’appuntamento con la scoperta delle qualità organolettiche e olfattive del vino novello, spesso considerato a torto di minor importanza rispetto ai grandi vini da invecchiamento, è per il prossimo anno. Considerata, infatti, sia la numerosa presenza di sommelier locali e di altre delegazioni, sia l’attiva partecipazione degli operatori dell’Istituto Agrario oltre al folto pubblico presente, si è già convenuto di ripetere l’iniziativa.

La aziende toscane aderenti all’iniziativa:

Rocca delle Macìe S.p.a., Castellina in Chianti (SI). Tenuta Canale – Azienda Agricola Aiello S.r.l., Castellina in Chianti (SI). Vecchia Cantina di Montepulciano, Montepulciano (SI). Castello D’Albola, Radda in Chianti (SI). Cantina di Pitigliano S.a.c., Pitigliano (GR). Cantina “I Vini di Maremma”, Località Il Cristo (GR). Le Chiantigiane S.c.a.r.l., Tavarnelle Val di Pesa (FI). Castelli del Greve Pesa S.c.a., Mercatale Val di Pesa (FI). Casa Vinicola Carpineto S.n.c., Greve in Chianti (FI).


martedì 5 ottobre 2010

DALL'ALTO DEI TACCHI SI VEDE PIU' LONTANO ... e le quattro mura domestiche sono un confine troppo ristretto per scrutare l'orizzonte della libertà e dell'autosufficienza!

Su "la Repubblica" di domenica 3 ottobre troviamo un interessante articolo di Chiara Saraceno che ha il merito di portare all'attenzione dell'opinione pubblica un trend recente relativo all'occupazione femminile nel nostro paese. Purtroppo non si tratta di una rilevazione confortante: in controtendenza con il resto dei paesi sviluppati ed anche con quanto era avvenuto in Italia negli ultimi dieci anni, la percentuale di donne italiane che non ha, né cerca, lavoro ha ripreso ad aumentare e riguarda oggi quasi la metà (LA META' !) di tutte le donne in età da lavoro, una percentuale da anni sessanta.

Questo dovrebbe costituire un problema politico rilevante, dovrebbe essere tra le priorità da affrontare sia da parte del governo sia dell'opposizione, oltre che dei sindacati, e invece... (citiamo l'articolo) "... significa che la metà delle donne in età da lavoro non ha nessuna speranza di ottenere una autonomia economica ed invece deve dipendere dall'avere un marito e sperare che il matrimonio duri, senza poterne uscire se si rivelasse insopportabile. Significa che gran parte delle famiglie italiane, soprattutto, ma non solo, al Sud, ha un solo percettore di reddito, dalla stabilità e adeguatezza del quale dipende la sopravvivenza di tutti. Al punto che quando questo marito si trova senza lavoro e senza ammortizzatori sociali e non sa dove sbattere la testa, quindi non riesce più fare fronte alle proprie responsabilità economiche, può anche decidere che non valga più la pena vivere. È successo all'operaio disoccupato di Castellammare, che non ha più retto la «vergogna» di non riuscire a mantenere moglie e figli. Certo, queste «inattive» in realtà sono spesso attivissime e tutt'altro che mantenute gratis. Come e più delle donne occupate, sono loro a fare miracoli con bilanci famigliari scarsi, producendo con il loro lavoro domestico e di cura enorme e indispensabile valore aggiunto. Ma questo non produce automaticamente sicurezza per loro e le loro famiglie. Anzi, ne escono indebolite nei loro diritti sociali individuali (ad una pensione decente, per esempio)".

Lo scenario descritto non è una fantomatica previsione catastrofica che mira a servire da monito ai responsabili delle istituzioni ed ai gestori della cosa pubblica italiana: è già presente, e non ci sono all'orizzonte segnali che possano farci ragionevolmente sperare che qualcuno, che di ciò dovrebbe occuparsi, si decida a cercare strumenti politici e sociali per modificare questo pericoloso, quanto anacronistico, trend. La paura è che gli illustri e ben remunerati amministratori guardino con sollievo al dato sull'aumento dell'«inattività» femminile. Perché tale dato contribuisce a ridurre il tasso di disoccupazione. Le donne che non cercano (più) lavoro, infatti, escono ufficialmente dalle forze di lavoro e di conseguenza non contano ai fini della valutazione della disoccupazione. Le «inattive» forniscono anche una legittimazione ad ogni riduzione di servizi sociali già scarsi: che bisogno ce n’è se si può contare su questa schiera di nonne e mamme «inattive» indefinitamente a disposizione?

Chiara Saraceno ci ricorda che è stato dimostrato come l'occupazione femminile, non solo allarga la base imponibile producendo maggiori entrate fiscali, ma genera anche domanda di lavoro, soprattutto nel campo di servizi. Possibile che non ci si accorga che vale anche l'effetto contrario? La disoccupazione femminile genera inattività, che a sua volta produce disoccupazione.

Ci servono esempi virtuosi di utilizzo delle risorse rosa nel mondo ipercompetitivo del business per convincere, se non gli ottusi politici, almeno gli imprenditori, della convenienza di puntare sull'integrazione delle qualità e competenze femminili con quelle qualità gestionali e dirigenziali maschili già ampiamente sfruttate e, a volte, sopravvalutate. Eccone uno.

Nel board della società ROSSO POMODORO, marchio di pizzerie diffuso in Italia con oltre 90 punti vendita, ci sono più di 50 donne. La responsabile della formazione e selezione dei manager dei punti vendita, la coordinatrice dei sistemi amministrativi e fiscali delle attività, l'architetto che si occupa del design, fondamentale per la riconoscibilità e la coerenza del brand, e poi le responsabili dei singoli ristoranti, solo per citarne alcune. Questo perché, si dice in società, le donne sono sempre pronte alle sfide, gestiscono con equilibrio situazioni complesse, sono agguerrite ma sanno anche dialogare col cuore. Una linea di gestione interna che ha contribuito al successo della società e ha permesso a donne capaci di emanciparsi dall'isolamento domestico, che spesso diventa frustrazione psicologica, per le più consapevoli, e assuefazione rassegnata alla vita fuori dal sistema economico-lavorativo per le meno ambiziose.

Facciamo passare il messaggio che la crescita dell'occupazione femminile può rappresentare un vantaggio per tutti, a diversi livelli e in diversi ambiti di interesse, da quello più particolaristico a quello pubblico. Sarebbe troppo difficile affrontare di petto la questione morale della valorizzazione delle capacità delle donne, non solo entro lo spazio familiare ma anche nell'economia e nella società.

Non avevamo capito che questa democrazia, paladina dell'uguaglianza delle opportunità, fosse fondata sul lavoro degli uomini (di sesso maschile) ... speriamo tanto di aver capito male.

domenica 25 luglio 2010

....una piccola pillola di sapere.....male non farà!

Tre anni fa il Moma di New York gli ha dedicato una mostra per i suoi primi 50 anni, tutti lo conosciamo di vista ma probabilmente in molti non conoscono il suo nome e le sue origini, suo padre era svizzero e lui ha davvero un buon carattere, deciso, pulito, risoluto, forte...di chi stiamo parlando?
Ma dell'Helvetica....il carattere di stampa ricorrente nei logo di moltissime aziende di tutto il mondo.....troneggia orgoglioso sulle bandiere dell'Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, sulla copertina dell'album di John Coltrane "A Love Supreme" e su tutta la segnaletica della rete metropolitana di NY (almeno così è stato fino a quando l'azienda dei trasporti della Grande Mela non ha scoperto lo Standard Medium, un font simile ma più economico).
Quando il designer Max Miedinger la creò nel 1957 su commissione della Fonderia Haas, questo nuovo font non riscosse molto successo...aveva un'altro nome: Neue Haas Grotesk e non un grande appeal. Le cose cambiarono quando la società madre della Haas, la Mergenthaler Linotype, decise di commercializzarlo a livello internazionale e scelse un nome più facile da memorizzare in inglese, semplicemente Svizzera in latino! Il cambiamento funzionò! All'epoca l'ideazione e l'utilizzo di nuovi caratteri di stampa era un'operazione molto costosa, chiunque volesse utilizzare un font particolare doveva comprare un intero set di lettere, realizzate scolpendone la forma nel metallo. L'Helvetica sfondò, specialmente nelle agenzie pubblicitarie statunitensi. Tutte le aziende che volevano dare un'immagine di sè dinamica e moderna lo adottarono. In poco tempo divenne il carattere di stampa più usato al mondo!
Volete vederlo? Fate caso alla carlinga di un aereo Lufthansa......

lunedì 19 luglio 2010

… c’è “chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire e n'è sbalzato lontano da una forza perversa!”

I ricordi di quella notte sono forti e intensi anche se a tratti confusi. Quando li riporto alla mente partono sempre dal piazzale in cui ci siamo rifugiati. Il primo luogo aperto e sicuro vicino a casa mia. Gente in pigiama, scalza, stretta in un giubbetto o in una coperta. Sguardi atterriti, disorientati, vuoti. Incapaci di vedere più in là di quel preciso istante. Increduli e felici di essere in salvo, ma proiettati con la mente a qualche minuto prima, quando un’energia dalla potenza inenarrabile scuoteva le nostre case come una scatolina in mano ad un gigante. Scuoteva le nostre case e le nostre vite. Il nostro passato e il nostro futuro. Tutto quello che era e che non è più. Tutto quello che non sarà mai più come un tempo. Questo dicevano le facce intorno a me, incorniciate nella polvere bianca delle macerie. E poi il senso di smarrimento… unica certezza essere lì in quel momento, ma nessuna notizia di parenti e amici. E intanto si piangeva e si tremava per quello che si era lasciato alle spalle…

Cosa è adesso L’Aquila si capisce bene a passare di notte sul viadotto dell’autostrada: al posto della infinita distesa di lucine che punteggiavano la grande conca su cui è adagiata la città, solo il buio attraversato dalle linee rette tracciate dai solitari lampioni delle pubbliche vie. Nulla intorno se non il silenzio.

Il silenzio proveniente dalle case disabitate. Case dalle finestre spalancate sul vuoto da cui svolazzano cupamente le tende. Case dalle facciate percorse da lunghe e inquietanti crepe, a volte isolate, a volte ramificate come ragnatele. Case in cui nessuno può vivere più perché distrutte o seriamente compromesse.

Silenzio e crepe ancora più evidenti e inquietanti nel centro storico. La “zona rossa” che pochi hanno visto dopo quella notte, la zona che ne porta i segni più drammatici. Ancora cumuli di macerie, auto danneggiate, palazzi accasciati e ancora più forte e desolante il silenzio, l’incredulità, il senso di smarrimento. I palazzi rimasti in piedi sembrano non reggere il peso di quelle ferite. La città, colpita nelle innumerevoli chiese e nei suoi signorili palazzi, è come sfigurata e sfinita.

La casa, questo tra l’altro gela il cuore degli aquilani, la perdita della casa e di tutto quello che essa rappresenta. Non è andato perduto solo il suo valore economico, ma tutto quello che di più caro essa simboleggia: il luogo dell’intimità domestica, della quiete, della sicurezza abbinata al concetto intrinseco di solidità di un immobile. E se è vero che si può capire il valore di qualcosa solo quando la si perde, allora nessuno più di noi può capire cosa sia non avere più una casa. La propria casa rappresenta una parte della propria vita. La si è messa su con amore e sacrificio giorno dopo giorno e, piccola o grande che sia, è venuta su con noi, rappresenta una parte di noi e porta racchiusi in sé gli istanti della nostra esistenza, la nascita dei figli, il ritrovo con parenti e amici, la nostra stessa personalità. Gli stessi oggetti con cui è adornata parlano di noi.

Tutto questo, e non solo, è quello che abbiamo perso. Perché con la nostra casa è venuta meno tutta una città. Non c’è più vita a L’Aquila, ecco perché c’è il silenzio, interrotto a tratti solo dal mesto e rassegnato viavai di mezzi della protezione civile. È una città senza anima, una città fantasma dove campeggiano delle specie di spettri di case attraversate da ferite profonde che lasceranno segni perenni nella memoria.

Ci mancano la piazza del Duomo dove quotidianamente, da centinaia di anni, si svolgeva il variopinto mercato, le chiese, tra le ricchezze più belle e più straziate, l’ospedale, i cui reparti hanno riaperto precariamente sotto le tende, le scuole, dove faceva perno la preziosa quotidianità della vita dei nostri ragazzi e dei nostri bambini, con le immagini e le cose a loro note e care. Tutti i punti di riferimento che esistono e che si danno per scontati, ma che fanno di una città la tua città. Perché sono lo sfondo su cui sei nato e cresciuto e che fanno così tanto parte di te che se ti mancano è come se perdessi parte della tua identità.

Cosa fare per L’Aquila è difficile da dire, solo una certezza: la necessità di ricominciare. Di tirare via le persone dalle tendopoli afflitte dal caldo, minacciate dai pericoli della scarsa igiene, insidiate dagli insetti. Ricostruire. Dare segnali, forti e inequivocabili di procedere in tal senso. Perché il desiderio di fuga è forte e palpabile assieme alla paura per quelle odiose e ininterrotte scosse. Perché se non si interviene così la paura prevarrà sul desiderio di rinascita. Occorre perciò consentire a chi può di rientrare in casa e fornire alloggi temporanei e dignitosi a chi non ne ha più. Far ripartire le attività pubbliche e private. Il tutto nella consapevolezza che occorrerà tempo, tanto tempo, insieme all’entusiasmo e al coraggio degli aquilani e alla solidarietà di tutti.

La speranza è che si torni fieri e felici a guardare quei monti, noti a chi è cresciuto tra loro e impressi nella sua mente. Perché il nostro forzato commiato non sia un inesorabile addio di manzoniana memoria. Perché tra quei monti c’è “chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo”, c’è “chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire e n'è sbalzato lontano da una forza perversa!” e c’è “chi staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti per avviarsi in traccia di sconosciuti, che non ha mai desiderato di conoscere e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno!” (da “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni).

mercoledì 7 luglio 2010

Nel giardino dei piaceri

Volete andare a fare una vacanza, anche breve, per rilassare le stanche membra e godere di un mare cristallino, scoprendo posti che porterete sempre nel cuore? Andate all’Isola d’Elba! Le spiagge, gli scogli, i paesaggi, ma soprattutto il mare, delle tonalità più diverse e brillanti che possiate immaginare, rimarranno dentro di voi, prendendosi un posto che difficilmente verrà scalzato. E come nella migliore tradizione italiana tutto può essere esaltato dal provare rinnovate piacevolezze del palato.

Per chi non può fare a meno di godere dell’emozione dei sensi, è sufficiente cercare un locale dove poter gustare una bella colazione direttamente sul porticciolo, pranzare in maniera leggera ma sfiziosa, sorseggiare un aperitivo al tramonto, gustare del pesce senza la sontuosità di ristoranti troppo pretenziosi, e magari rinfrescarsi con del buon gelato realizzato con ingredienti naturali e genuini.

Scoprire di poter fare tutto ciò in unico posto non sarà mai noioso e ripetitivo se vi trovate a Marina di Campo e vi imbattete nel Bar-Ristorante-Gelateria Garden Beach.

Succede che si vada lì per provare l’aperitivo, dopo aver letto la segnalazione di una blogger molto informata sulla Toscana (link), e ci si ritrovi a ordinare la cena. I camerieri sono in divisa coordinata e calata perfettamente nel contesto, jeans e t-shirt, con un deciso richiamo ai più famosi locali della costiera adriatica. Per conoscere le proposte del ristorante si ascolta il menu snocciolato a voce, con l’ausilio di un semplice foglietto scritto a penna, che però tralascia le indicazioni sui prezzi di cibo e vino. Sono previste solamente pietanze a base di pesce ma, fortunatamente, la testa matta (testualmente definito tale) dello chef, riesce ad inventare qualcosa anche per i non amanti del genere. Certo, se avessero avuto disponibilità di un abitante del mondo marino da cuocere al forno o alla brace, non sarebbe stato necessario realizzare delle elaborazioni di melanzane-mozzarella-prosciutto, come antipasto, e delle tagliatelle verdi come primo piatto, ma apprezziamo la versatilità. Il vino si assaggia prima con un calice (che verrà rigorosamente riportato sul conto), per poi essere servito da una bottiglia nuova, ancora chiusa, riposta in apposito cestello con ghiaccio, per fortuna non imbragato in un semplice panno refrigerante, che è allo stesso modo efficace, ma esteticamente meno presentabile. La pecca è, semmai, nella proposizione dell’acqua naturale lasciata in bottiglie di plastica (0,5 o 1,5 lt), che vengono inesorabilmente poste sul tavolo come se fossero state portate da casa. La cena procede bene, il vino raggiunge il fondo (ma tranquilli, risalirà più tardi …) e il cibo realizza lo scopo di saziare lo stomaco.

Senza neanche conoscerne l’accessorio, nel girare l’angolo, prima di arrivare sulla via principale, si scorge una vetrina aggiuntiva prodiga di gelato artigianale che già all’aspetto ispira l’assaggio. Dopo averlo divorato, si scatena la necessità di ritornare per provare tutta la varietà proposta. Negli amanti del genere alberga la convinzione che la genuinità del gelato si misuri dai gusti naturali, che non hanno cioè bisogno di ulteriori aggiunte al prodotto costituente, oltre al latte e allo zucchero. Ebbene, vi invito a verificare quanto pistacchio, crema e cioccolato rendano il gelato del Garden tra i migliori che abbiate mai assaggiato.

Manca purtroppo all'appello la rilevazione relativa alla colazione: sembra però non di meno meritare apposita visita, considerando la vastità e l'appetibilità visiva dell'offerta.

Bastano quattro giorni per riprendersi dalle fatiche quotidiane.,...provare per credere!

lunedì 28 giugno 2010

Qualcuno ce l'ha ancora?

Uno dei sentimenti migliori dell’uomo (e della donna) è la vergogna. Più che l’amore, la stima, la compassione, la comprensione. Infatti se mancano questi sentimenti si vive male (e forse nessuno ci ama), ma certo a nessuno si fa del male. Al contrario, se ci manca la vergogna noi facciamo del male. Se non ho vergogna di azioni riprovevoli o disonorevoli, non solo non ho la percezione di aver commesso azioni condannabili, ma do al prossimo un messaggio di disinteresse e di disprezzo per le opinioni altrui.
Io faccio come mi pare, sbaglio come mi pare, non mi vergogno e quindi non mi interessa la tua opinione; la tua opinione per me non conta.

Chi ha vergogna, invece, si preoccupa di rispettare gli altri, di capire gli altri, di tener conto del giudizio degli altri. Chi ha vergogna non commette reati, chi ha vergogna rispetta la parola data, non mente, non offende, non attraversa con il rosso, dà la precedenza ai pedoni sulle strisce, non entra in chiesa con gli shorts.
Se, ad esempio, certa classe politica avesse ben radicato il sentimento della vergogna, avremmo risolto d’un colpo il problema della corruzione e dell’intrallazzo. Purtroppo alcuni (o molti?) operano senza un pizzico di vergogna.
Avere un po’ di vergogna farebbe bene anche alla salute: chi mangia o beve senza freni e senza regole arreca danni al suo organismo fino ad avere problemi di vario genere, a cominciare dall’obesità. Ma chi non ha vergogna non ha problemi…
La mancanza di vergogna è anche tra i ragazzi e più scendiamo d’età e più la vergogna scompare. Giovani e giovanissimi, ammucchiati su marciapiedi e gradini, vicino a qualche bar o a qualche vetrina, in mano sigarette e cocacola, cannucce e cannette, gomme e birrette, a schiamazzare e ridacchiare, a far urlare motorini e impianti stereo, a gridare parolacce e bestemmie, ad abbracciarsi senza ritegno, senza vergogna, appunto.
Mezzo secolo fa per amoreggiare ci si nascondeva, perché avevamo vergogna nel farci vedere. C’era una sana vergogna, che diventava il giusto confine fra il proprio comportamento, rispettoso del prossimo e il desiderio di scambiare qualche bacetto con la fidanzatina: mezzo secolo fa. 
E chissà forse ancora più male al prossimo la mancanza di vergogna di un uomo politico o di un dirigente d'azienda che compromettono per sempre con le loro azioni e decisioni, la vita di quei giovani che hanno ancora il tempo di recuperare un pò di sana vergogna
Ma il mondo va avanti.
Senza vergogna.

5 - Una escort alla corte del Re......i due persero la testa l'un per l'altra...ma lei la perse due volte!!!

Il Duca di Choiseul e sua sorella, la duchessa di Gramont la odiavano...la duchessa aspirava a prendere il suo posto dopo la morte della marchesa di Pompadour.....anche la Delfina, Marie Antoinette, la odiava e non le rivolgeva la parola, divertendosi a chamarla "la creatura". In molti la volevano morta e il suo marchio la seguiva sempre, come impresso nella carne.

Lei, Jeanne Bècu, figlia illegittima di una sartina ed un prete, era salita dai bassifondi di Parigi fino all'immensità di Versailles, fino al letto di Re Luigi XV, divenendo la sua favorita. Il conte Alphonse du Barry l'aveva notata e l'aveva addestrata per entrare nelle grazie del reggente. Divertire il Re doveva diventare il suo compito.....ma i due finirono per divertirsi a vicenda, non solo nel letto, ma anche a cavallo o giocando a carte, per questo lei non si offendeva quando a corte le dame dicevano che quello era il suo compito.

Per accedere a corte le serviva un titolo nobiliare e così sposò il fratello di Alphonse, diventando la contessa du Barry.

Luigi XV se ne innamorò perdutamente. Lei si sentiva la sua "bambina", sapeva di avergli restituito la giovinezza perduta e sapeva di regalargli un fremito di vita ogni volta che, accarezzandola, lui le sussurrava "grazie madame".

Quando il Re morì di vaiolo lei fu cacciata da corte e visse in un castello, dono di Luigi. I rivoluzionari videro in lei uno dei simboli dell'ancien régime e la ghigliottinaro nel 1793, a 47 anni.

Ritenne sempre un privilegio poter stare a fianco al "suo" Re e innaffiò il loro letto di fantasie, parole, sguardi, ma anche confidenze, lacrime, calici di vino e risate, come quelle che lei gli strappava quando le sfuggivano espressioni non consone alle mura di Versailles ed il Re seppelliva con le sue risate le cornacchie stizzite e impettite che la guardavano con biasimo e riprovazione.

venerdì 11 giugno 2010

4 - La signora scostumata

Vita Sackville West scrittrice inglese snob ed eccentrica, discendente dell'amore scandaloso tra suo nonno Lord Sackville e sua nonna Pepita, danzatrice spagnola, ebbe un animo duplice, impetuoso e flemmatico, frutto di quello strano connubio tra sangue aristocratico e sangue gitano.
Era eccessiva, vestiva da uomo e coltivava giardini sublimi, tanto che i suoi libri di giardinaggio restano ad oggi una Bibbia per gli amanti del verde.
Si sposò giovanissima col diplomatico Harold Nicholson e gli diede due figli. Il loro matrimonio fu saldissimo nonostante Harold fosse gay.
Non importava, lei amava le donne.
Fece perdere la testa a Violet Trefusis e a Virginia Woolf.
Lasciò Violet in modo lucido e affettuoso e lei l'accusò "sei crudele Vita, sei come un uomo". Vita non si illudeva, sapeva che gli amori finiscono. Con Violet fu gioco, rischio, attrazione, sesso, follia. Scapparono in Europa, inseguite dai loro rispettivi mariti.

Ai balli all'Albert Hall Vita si presentava in pantaloni di velluto, stivali alti e corpetto, diceva di vigilare sulla sua libertà. E' per questo che sapeva consumarsi nell'amore, ma evitava di estinguersi. Quando conobbe Virginia era già famosa, aveva pubblicato dei libri ed era un'icona dell'upper class londinese, ma la Woolf era una grande scrittrice, ammirata da tutti. Virginia fu arrogante e sfrontata con lei, nel circolo in cui si incontrarono, ma poi si lasciò sedurre da Vita e le dedicò addirittura un romanzo, l'Orlando. Vita rifuggeva il troppo amore, le faceva paura, si sentiva soffocare e allora scappò fino in Persia, perchè "viaggiare è il più sublime dei piaceri, se lo sai fare".

Harold fu l'unico vero impossibile amore della sua vita, unione pazza e imperfetta, amore fraterno incontaminato dal desiderio del sesso..."amore fedele di due incorreggibili traditori". E questo amore continuò a fiorire ogni volta, come la terra e i fiori dei magnifici giardini di Vita.

venerdì 4 giugno 2010

3 - Lira Divina Parlami

Lesbo le dette i natali....la Sicilia un marito e una figlia...e poi di nuovo Lesbo fu la casa della sua arte e della sua passione. Nella sua patria fondò il "tiaso", un cenacolo consacrato alla dea dell'Amore Afrodite, dove nobili e delicate fanciulle coltivavano l'arte della poesia, della musica e della danza, per poi salpare con i loro futuri mariti verso altri lidi e altre vite pensate per loro.
Gongile, Dice, Girinna, Anattoria, Agallide e le altre, si fermavano a lungo alla corte della poetessa dal soave sorriso e dal crine viola, allietavano le sue giornate...profumavano l'aria...danzavano nelle loro tuniche bianchissime...e si cingevano per lei di corone di viole profumate. Insieme, ridevano e imparavano la poesia, arte sublime, specchio terrestre degli dei...bruciavano incensi per Afrodite e correvano a perdifiato sulla spiaggia verso quella laguna in cui il cielo si riversa nel mare. Imparavano anche l'amore, s'intrecciavano in dolcissimi baci che davano refrigerio al cuore rovente incendiato da Eros.
Tutto poi, però, si risolveva in una successione costante di addii, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione. Tutte andarono via. Non era il Fato, ma una cerrtezza, una convenzione, sia lei che loro lo sapevano.

Lei aveva una profonda percezione dell'addio: "è un addio il venire al mondo, abbandonando il calore del ventre materno, è un addio abbandonare la casa del padre per quella del caro marito, finchè non resta davanti solo la vecchiaia e la morte". E che nostalgia e disperazione nel suo cuore quando la sofferenza sui loro volti e lo smarrimento per un distacco che non avrebbero mai voluto, si trasformava lentamente in un sorriso e in una felicità inaspettata, che non la comprendeva più, perchè era rivolta a quegli uomoni superbi e nobili, belli come dei, che giungevano dal mare sulla vela bianca, gonfia di vento. In un attimo, quelle fanciulle erano già distanti, e l'ultimo sguardo che lei rivolgeva loro, aveva il sapore doloroso dell'illusione spezzata, quella dell'ingenuità di essersi preparata a dovere e infine abituata all'abbandono.
Non siamo mai pronti per un abbandono.

La leggenda narra che Saffo si suicidò buttandosi da una rupe.

domenica 23 maggio 2010

Avvicinatevi e ascoltate

Giovanni Allevi trascina il pubblico. Le sue esecuzioni musicali catalizzano l'attenzione e l'ammirazione delle persone intervenute all'esibizione, senza bisogno di orpelli scenici ed effetti speciali. E' lui, insieme al pianoforte, quattro faretti e tutti i suoi capelli, ad avvolgere il palcoscenico...un palcoscenico con cui gli spettatori vorrebbero fondersi, solo per poter "toccare" la sua musica. E ci provano, idealmente, quando lo appaludono con fragore e passione, quando urlano il suo nome e lo osannano come unico nel suo genere, quando gli consegnano spontaneamente un mazzo di fiori, come si fa con i grandi esecutori, quando inneggiano al bis già dal suo primo pezzo originale, o quando, chiedendo a gran voce uno dei suoi brani dell'album Evolution, sembrano esprimere l'esortazione ad essere trascinati vicini a lui. Non annoia mai, anche quando inizia il concerto con tre pezzi classici (Bach, Wagner, Chopin). Chiede addirittura perdono quando si permette di partecipare la platea dei primordiali tempi in cui le sue dita iniziavano a librarsi sulla tastiera zebrata. Ed è proprio lo scivolare delle sue lunghe falangi sui tasti, che rapisce ad ogni interpretazione, trasportando l'ascoltatore verso il nirvana. Conclude ogni brano con un'evoluzione delle braccia che termina sul petto, forse a raccogliere l'affetto del suo pubblico, che poi lascia vagare con un gesto soave delle mani, per correre ad abbracciare noi che lo ascoltiamo. Il suo merito è di essere "one man show", anche quando non suona. Nonostante i 41 anni e la fama mondiale, l'ingresso in scena è quasi comico: come fosse un uccello che non riesce a prendere il volo o un inetto che inciampa inavvertitamente o, meglio ancora, un bambino che entra in un luogo che lo diverte. Siamo sicuri che si diverte, perchè quando racconta la breve storia di ogni brano, gli spunti che lo hanno ispirato, lo condisce con ironia, quasi per smitizzare la venerazione dei suoi fan. Tutti, proprio tutti, vorrebbero che non andasse più via.
E lui pare ascoltarli.
Che venga richiesto o meno, torna in scena per ben tre volte. L'ultima prende alla sprovvista il Teatro stesso. Dopo due bis e una standing ovation, il pubblico inizia a defluire e le luci ad accendersi...e lui, incurante dei clichè, decide di planare di nuovo sul palco per regalare ad ognuno un accompagnamento di serenità.

Si erge l'ultima volta in volo e sparisce infine con l'eterea leggerezza delle note racchiuse nel suo genio.

domenica 9 maggio 2010

2 - "Pardonnez-moi,la vie m'est insupportable‏"

Come sopravvivere, da sola, senza un compagno o dei figli, alla morte suicida di tutti i suoi grandi amori? Non ci riuscì e, a vent'anni dal primo tentativo, si tolse la vita anche lei.

Yolanda Gigliotti fu la prima donna a ricevere un disco di platino, con oltre 10 milioni di copie vendute, nel 1964. Fu miss, attrice e cantante molto amata dal pubblico francese e mondiale, che la conosceva come Dalida.

Nacque in Egitto da genitori calabresi e forte della sua bellezza, non sminuita da un leggero strabismo causato da una malattia agli occhi, poco più che ventenne lo lasciò per trasferirsi a Parigi, dove iniziò una folgorante carriera, costellata di successi.

La sua arte e passione furono ammirate e accolte dal pubblico con calore e attaccamento, ma questo non la salvò dalla solitudine. Tutti i suoi amori l'abbandonarono, suicida Lucien, suo marito, e suicida, in una calda notte d'estate del 1983, a Saint Tropez, il conte di Saint Germain, Richard Chanfray. Ma il più crudele fu Luigi, nel biglietto che lasciò sul tavolo della stanza dell'Hotel Savoy non fece cenno a lei, non la salutò, nonostante avessero da poco brindato al loro futuro matrimonio. Luigi Tenco si tolse la vita con un colpo di pistola alla tempia nel 1967, appena dopo l'esclusione dalla finale di Sanremo, al quale si erano presentati insieme con la canzone Ciao amore ciao.

Fu Dalida che, entrando nella stanza d'albergo, lo trovò riverso a terra. La cantante, chiese di bloccare il Festival, ma fu invitata a lasciare la città dei fiori dagli organizzatori. Il filmato della loro partecipazione al Festival scomparì dagli archivi RAI.

Scioccata dal suicidio di Luigi tentò anche lei di imitarlo, ingerendo un cocktail improbabile di farmaci, nella camera 410 dell'hotel Principe di Galles. L'aveva prenotata col suo vero nome e ci si era fatta accompagnare dopo aver depistato il suo staff, fingendo di recarsi all'areoporto. Una cameriera però si accorse di qualcosa di strano e diede l'allarme. Dalida si salvò.
Non fu così venti anni dopo, il 2 maggio del 1987. Questa volta, Dalida organizzò tutto minuziosamente e scelse come teatro della sua morte la sua amata villa a Montmartre, una palazzina liberty in cima alla collina, di cui si era innamorata fin dalla prima volta che l'aveva vista. In quella primavera dell' '87 quella casa le appariva troppo piena di luce, dall'alba al tramonto. Davanti a se vedeva solo solitudine e gli anni vissuti senza marito nè figli le pesavano. Da quattro mesi non faceva più concerti. Sapeva che la gente l'amava ma si chiedeva "cos'è la vita senza amore?", "perchè curarsi se nessuno ti aspetta?", "perchè profumarsi e mettersi addosso le camicie da notte e le vestaglie più preziose se il tuo letto è vuoto?".
Morì così, nella calma e nell'eleganza, con un tubetto di barbiturici in una mano e una bottiglia di whisky nell'altra, a 54 anni.

E' tempo di duetti canori virtuali....

Sarà Ciao Amore Ciao il nuovo singolo di Giusy Ferreri, da intervista ufficiale rilasciata dalla cantante a Vincenzo Mollica, nel Tg1 delle 20.00.....una cover? in un certo senso......


Nei giorni scorsi, la Sony, casa discografica di Giusy, aveva diffuso alcuni frame del video sul sito ufficiale della cantante, invitando ad “indovinare” il brano da lanciare per l’estate 2010. Il singolo è il quarto estratto dall'album "Fotografie".

La miracolata, ma anche talentuosa, del primo X-Factor ripropone la canzone presentata da Luigi Tenco nel suo sfortunato Sanremo, dopo aver ricevuto l'autorizzazione della famiglia Tenco.
Ma non lo fa limitandosi a reinterpretare quel bellissimo successo postumo: duetta virtualmente con lo scomparso Luigi, sostituendosi alla prima interprete della canzone, Dalida.

venerdì 30 aprile 2010

Storie gentili di un sesso forte: 1 - La grassa bottegaia fiorentina

Caterina non era bella, nè alta....aveva gli occhi sporgenti e il viso rotondo, ma era una Medici, la nipote di Lorenzo il Magnifico, e questo la portò a sposarsi presto, a 14 anni, con Enrico D'Orlèans, figlio di Francesco I di Francia.

Nellla sua vita alla corte di Francia fu scaltra e determinata e seppe districarsi tra i veleni che la circondarono, sopportando abilmente anche la presenza costante della sua rivale in amore, Diana de Poitiers, amante riamata di suo marito. Sapeva che Enrico fin da piccolo era stato pazzo di lei e che per questo l'aveva eletta a propria dama. Per Diana disertava il letto nuziale e a Caterina non riservava mai un bacio o una carezza, la prendeva con rabbia per adempiere il più brevemente possibile ai suoi doveri coniugali. Anche la prima notte di nozze era stato freddo, nemmeno lo splendido matrimonio e il meraviglioso abito di broccato d'oro della futura moglie erano bastati a renderla più desiderabile ai suoi occhi. Il padre dovette spingerlo sul letto e restare seduto sul bordo per incitarlo in modo che il matrimonio venisse consumato, a suggello del contratto nuziale.

Caterina sapeva che anche quando Enrico andava da lei era la sua amante a spingerlo, perchè anche a Diana, cattolica come la famiglia reale, interessava la stabilità della corona a contrasto della crescente forza dei luterani.
Caterina la odiava ma sapeva che quello tra suo marito e Diana era l'amore per il quale si bruciavano i regni. Li spiava da dei buchi che aveva fatto praticare sul pavimento in legno della sua stanza e dal quale li aveva visti saziarsi di baci appassionati. Era però altrettanto cosciente delle infamie della politica e sapeva di essersi sposata per ragion di Stato. Per quel matrimonio si erano accordati Papa Clemente VII, suo zio, ed il Re, suo suocero, che l'apprezzava oltremisura e si faceva accompagnare da lei alle sedute di caccia. Nonostante ciò Caterina si era subito innamorata di Enrico, nel giorno del loro matrimonio a Marsiglia.

I tormenti amorosi non la distrassero però dal suo obiettivo, partorire un erede che salvasse il regno e salvasse lei stessa dal venir ripudiata e dal finire i suoi giorni in convento. Per questo sapeva che le conveniva fingersi amica di Diana. Era da sola in Francia, una straniera senza titoli nobiliari, disprezzata dai francesi perchè italiana, anche se nipote del banchiere più ricco del mondo.
Dei francesi diceva: "Questi francesi si credono raffinati, ma in confronto a noi fiorentini sono ancora dei barbari Galli". Introdusse a corte la moda di cavalcare all'amazzone e importò dalla sua Firenze l'uso della forchetta e quello di servire separatamente le vivande dolci da quelle salate. Insegnò ai francesi numerose ricette e diede loro lezioni di buone maniere.
Sedette sul trono di Francia, diede ad Enrico dieci figli e tenne in mano le redini del Regno fino alla sua morte, a 69 anni.

mercoledì 28 aprile 2010

Ladri d'identità

Frodi reali e frodi virtuali. Il 60% di coloro che smarrisce il portafogli o ne viene derubato, se la cava con la sola perdita del denaro contenuto in esso...eh si, perché questo è il male minore...il restante 40 % non perde solo i soldi, ma anche documenti d'identità e carte di credito, sottratti per fare acquisti, firmare e intestare contratti e fare operazioni illecite.

I dolori maggiori, però, arrivano quando ci sediamo davanti ad un pc ed entriamo nella "rete". Il mondo online, infatti, è quello più bersagliato da questo tipo di frodi, come conferma la ricerca online del sito YouGov che rileva l'aumento dei furti d'identità sul Web.
In Italia, un navigatore su dieci viene derubato dei propri dati personali e ogni vittima ci rimette, in media, 353 euro. Devono fare attenzione soprattutto i giovani che tendono a mettere in piazza la propria privacy soprattutto sui social network.

I consigli di prevenzione sono sempre gli stessi: scegliere password difficili (anche da ricordare???), cambiarle spesso (almeno ogni tre mesi), usare una password diversa per ogni portale cui si è iscritti, controllare che i siti visitati attraverso i quali si effettuano pagamenti abbiano come indirizzo non “http” ma "https" (dove la S definisce l’applicazione di sicurezza). Ancora: per gli acquisti online usare solo carte ricaricabili, con importi prepagati, non fare mai shopping o banking online usando reti wi-fi pubbliche (hotel, bar), perché qualcuno nei dintorni potrebbe aver creato una "evil twin" che gli permette di impossessarsi di nome e password. E poi dotarsi di antivirus di nuova generazione, corredato di potente scudo informatico, il firewall. Occhio alle trappole dei falsi siti web di banche, Poste, aste online o istituzioni di vario tipo...a volte basta digitare male l'indirizzo per essere re-indirizzati a siti graficamente identici ma pronti a rubare dati e credenziali.
Infine, attenzione anche al furto dei dati di accesso alla posta elettronica e ai social network, permettono di rubare informazioni riservate su di noi o su nostri amici e conoscenti o addirittura sull'azienda in cui si lavora.

Per info date un'occhiata al sito www.trustthetick.com o consultate la guida per i navigatori realizzata dall'associazione consumatori Adiconsum (http://www.adiconsum.it/)

E se la frittata è già fatta??

Fare denuncia alla Polizia Postale e segnalare l'illecito trattamento dei dati al Garante per la privacy (garante@garanteprivacy.it). Poi avvisare la banca presso la quale si ha il conto corrente e non abbassare la guardia neanche dopo molti mesi….gli usi illeciti possono avvenire anche dopo un anno dal furto dei dati!

Ma se volete veramente farvi un'idea precisa di cosa potrebbe succedere, prendetevi 10 minuti, e guardate il servizio delle Iene dello scorso 7 aprile sul "Pericolo Hackers" !!!!! Allucinante!!!!!!

Occhio gente, collegatevi alla rete….ma non cascateci dentro!

martedì 20 aprile 2010

Una volta "scattata".....bisogna solo aspettare che si "sviluppi"

E' quello che succede alle fotografie su pellicola ed è quello che è successo alla stupenda mostra fotografica Steve McCurry, Sud Est.
Steve McCurry ha scattato per 30 anni nei luoghi più disparati e nelle situazioni più diverse. Ha cercato volti, paesaggi, luci e colori percorrendo la scena di guerre atroci, sofferenze infinite e mute, quotidianità e atmosfere insospetatte.
La mostra dedicata a 240 delle sue fotografie è scattata a Milano, Palazzo della Ragione, nel novembre del 2009, con termine previsto per il 31 gennaio 2010, e si è sviluppata a tal punto da rendere necessaria la posticipazione della sua chiusura, per spostarsi poi a Perugia, presso la Galleria Nazionale Umbra, dove sarà di scena fino al 5 settembre 2010.
Non solo gli amanti della fotografia dovrebbero approfittare di questa esposizione, ma anche i profani della stessa, perchè non è necessario essere esperti di quest'arte per godere delle suggestioni che le immagini presentate offrono agli osservatori.
Gli occhi tristi di un uomo stremato dalla miseria, quelli allegri di un bambino che gioca in mezzo a minacciosi carri armati, quelli incerti di una ragazzina bellissima avvolta nelle sue vesti morbide e vivaci, quelli decisi e fieri di un adolescente che impugna un'arma da guerrigliero, quelli chiusi e stanchi di una madre che si riposa su un'amaca con in braccio il figlio piccolissimo, sorvegliati da un indifferente serpente, allungato sotto di loro. E poi i gesti, i movimenti e le abitudini quotidiane dei monaci buddisti in Cambogia, dei rifugiati in Pakistan, di uomini di età diverse in Afghanistan, di venditori di fiori in India......e le bombe, le luci sprigionate dalle loro esplosioni, la polvere, la terra riarsa, le lamiere, le case sventrate.....
Nella sua decennale carriera Steve ha dato al mondo la sua personale testimonianza della prima invasione sovietica in Afghanistan, dei conflitti in Libano, Cambogia, Jugoslavia e Iraq....ma non è un fotoreporter di guerra, fotografa la singola esperienza umana, dando voce all'apparente silenzio di un'immagine.
Nel corso degli anni le sue foto sono state pubblicate sul New York Times, gli è stata assegnata la Robert Capa Gold Medal ed il celebre scatto della ragazzina afghana, nel 1984, è divenuto la copertina del National Geographic Magazine.
......è sopravvissuto ad un incidente aereo in Slovenia, a Bombay è stato aggredito da una massa di manifestanti, è stato arrestato e incatenato in Afghanistan ed è uscito dal Paese con una buona quantità di pellicole cucite nei vestiti.....sarebbe un peccato non concedersi il lusso di apprezzare il frutto dei suoi sforzi!

martedì 16 marzo 2010

Quando si dice..."avere gusto"


Salve buongustai!
Sono qui per darvi una cattiva notizia..."Taste", il salone del gusto e delle diversità culinarie del Bel Paese è già terminato!!!! Effettivamente i tempi di permanenza (13-15 marzo, Stazione Leopolda, Firenze) erano stati studiati per mettere alla prova la tempestività dei moltissimi appassionati della buona tavola...insomma c'erano quelli che avevano già programmato, in nome della tanto agognata libreria nuova, una coraggiosa giornata all'IKEA, o quelli che avevano deciso di godersi il primo sole primaverile con una bella gita fuoriporta...e come non ricordarsi di quelli che avevano scelto questo week end per togliersi il pensiero di andare a ri-aprire la casa al mare dopo il lungo inverno. Per tutti loro ci dispiace! 
Parlo a nome dei tanti visitatori che sabato e domenica (soprattutto) si sono mischiati alla folla di operatori del settore per ammirare ed assaporare la splendida varietà di prodotti esposti sopra i lunghi banconi delle sale espositive della Stazione Leopolda. Carrellate di formaggi...stagionati, erborinati, cremosi...sfilate di salumi dai sapori e profumi più ricercati....varietà di birre e vini dolci....e poi rossi e bianchi.....e spumanti, limoncelli.....cioccolata, caffè.....spezie e golosità di ogni colore e consistenza. 
Pitti Immagine aveva messo in scena questa tre giorni di assaggi e scoperte (e anche acquisti...grazie al Taste shop) allo scopo di valorizzare le eccellenze del cibo italiano e la professionalità dei tanti produttori che da nord a sud, in lungo e in largo, affollano lo Stivale. Il tutto condito da una serie di eventi "off" che hanno coinvolto ristoranti, boutique, teatri e musei della città, in cui i partecipanti consapevoli o casuali sono stati presi per la gola.
Insomma...era questo il modo giusto di passare il sabato o la domenica di questo tiepido week end....o almeno un paio d'ore!
Piccola nota a margine: ma quelle signore che si abbuffavano senza ritegno, orientandosi a capo basso tra le pietanze esposte, lo capivano cosa stavano ingurgitando? Se non altro, andava premiata la destrezza con la quale individuavano al volo lo strumento di turno utile alla caccia...delle vere professioniste dello stecchino!!!!!!
Ma raccontarvelo non poteva bastare...fatevi venire l'acquolina in bocca (così alla prossima occasione programmerete meglio la vostra agenda)

Ecco l'annuncio che ha scatenato l'indignazione.....SESSO MASCHILE????

SENZA PAROLE

domenica 14 marzo 2010

Paura vera?

Il 12 marzo 2010 la Cassazione ha sentenziato in favore delle donne, giudicando diffamatorio un articolo pubblicato su un quotidiano locale di Caserta, nel giugno 2002, intitolato "Carcere: per dirigerlo serve un uomo". L'articolo, per l'ennesima volta, discriminava il presunto "sesso debole" in merito ad un particolare ruolo professionale, considerato adatto solo per coloro ai quali Madre Natura ha concesso gli attributi fisici propri del genere maschile (leggi qui l'articolo della sentenza).
Eppure non c’è bisogno di sentirli dondolare là sotto per dimostrare di averli.
In un’epoca in cui gli uomini dichiarano di aver fatto, di fare e di desiderare di fare, lavori prettamente femminili, è possibile che una donna, solo perché donna, non possa svolgere un lavoro riservato abitualmente agli uomini, soprattutto se lo fa bene?
In questa occasione l’Italia ha dimostrato, insolitamente, di essere più progredita di altri Paesi, ma non ci illudiamo....ci sarà bisogno di altre prese di posizione "insolite" per progredire davvero!
Intanto, tutto il mondo continua a condannare la maschilinità (passateci il neologismo) che riduce la donna ad un paio di tette, addirittura con uno spot finto (guarda il video con Marion Cotillard)
oppure che ne fa oggetto sessuale in un contesto lavorativo, con uno spot vero


vogliamo premiare la decisione in controtendenza dell’Italia, che questa volta non si è preoccupata di mettere a nudo la sola cosa che veramente merita di essere esibita: la paura dell’uomo di vedersi spodestato da quelle posizioni-baluardo che ritiene intoccabili.

Ispirazione

E uno...e uno, due.....e uno, due, tre.....ecco che inizia la lettura......non c'è bisogno di dedicarsi alla scrittura.....una mano invisibile ha già creato tutto il possibile...ma leggere tutto non ci è dato e quello che ognuno legge lo decide il fato.......
Questo esercizio non è sempre uguale.....fa grandi salti e poi rotola giù per le scale......ha piccole impennate e giornate dalle palpebre assonnate.....a volte gli occhi si riposano e le labbra non si sposano....ma ci sono momenti, lontani tra loro o assai ricorrenti, in cui le corde vocali vibrano e gli accenti in tutto il blog si librano!...
......non c'è da stupirsi se siete confusi, dubbiosi o temete una pazzia mentale...è solo il post inaugurale!!!!