Gongile, Dice, Girinna, Anattoria, Agallide e le altre, si fermavano a lungo alla corte della poetessa dal soave sorriso e dal crine viola, allietavano le sue giornate...profumavano l'aria...danzavano nelle loro tuniche bianchissime...e si cingevano per lei di corone di viole profumate. Insieme, ridevano e imparavano la poesia, arte sublime, specchio terrestre degli dei...bruciavano incensi per Afrodite e correvano a perdifiato sulla spiaggia verso quella laguna in cui il cielo si riversa nel mare. Imparavano anche l'amore, s'intrecciavano in dolcissimi baci che davano refrigerio al cuore rovente incendiato da Eros.
Tutto poi, però, si risolveva in una successione costante di addii, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione. Tutte andarono via. Non era il Fato, ma una cerrtezza, una convenzione, sia lei che loro lo sapevano.
Lei aveva una profonda percezione dell'addio: "è un addio il venire al mondo, abbandonando il calore del ventre materno, è un addio abbandonare la casa del padre per quella del caro marito, finchè non resta davanti solo la vecchiaia e la morte". E che nostalgia e disperazione nel suo cuore quando la sofferenza sui loro volti e lo smarrimento per un distacco che non avrebbero mai voluto, si trasformava lentamente in un sorriso e in una felicità inaspettata, che non la comprendeva più, perchè era rivolta a quegli uomoni superbi e nobili, belli come dei, che giungevano dal mare sulla vela bianca, gonfia di vento. In un attimo, quelle fanciulle erano già distanti, e l'ultimo sguardo che lei rivolgeva loro, aveva il sapore doloroso dell'illusione spezzata, quella dell'ingenuità di essersi preparata a dovere e infine abituata all'abbandono.
Non siamo mai pronti per un abbandono.
La leggenda narra che Saffo si suicidò buttandosi da una rupe.
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